Autofagia, chiamata anche autofagocitosi, la degradazione dei componenti cellulari usurati, anormali o malfunzionanti che avviene all’interno di organelli conosciuti come lisosomi. L’autofagia serve a funzioni di pulizia, permettendo la ripartizione e il riciclaggio dei materiali cellulari, e aiuta a bilanciare le richieste di energia durante i periodi di stress. Il termine autofagia è stato introdotto nel 1963 dal citologo e biochimico belga Christian René de Duve, il cui lavoro ha anche fornito la prima prova del coinvolgimento dei lisosomi nel processo autofagico.

autofagia
autofagia

Illustrazione che mostra la fusione di un lisosoma (in alto a sinistra) con un autofagosoma durante il processo di autofagia.

© Kateryna Kon/Dreamstime.com

Sono noti tre tipi di autofagia: macroautofagia, microautofagia e autofagia mediata da chaperone. Le cellule si affidano principalmente alla macroautofagia, in cui i materiali cellulari usurati o danneggiati nelle regioni citosoliche (le aree piene di liquido che circondano gli organelli) delle cellule sono inghiottiti da un autofagosoma (vescicole con doppia membrana che consegnano il loro contenuto ai lisosomi, dove i materiali vengono degradati). Nella microautofagia, i componenti cellulari sono inghiottiti direttamente attraverso invaginazioni della membrana lisosomiale. L’autofagia mediata da chaperoni è un processo selettivo, in cui una proteina nota come chaperone hsc70 riconosce e si lega a substrati proteici contenenti un certo motivo aminoacidico. Il substrato mirato viene trasportato al lisosoma, dove poi trasloca attraverso la membrana attraverso un processo mediato da un recettore.

Geni multipli codificano i vari componenti del macchinario dell’autofagia richiesti per il sequestro, il trasporto, la degradazione e il riciclaggio dei materiali cellulari. Gli enzimi codificati da diversi geni dell’autofagia si coniugano (si uniscono), migliorando così l’attività enzimatica, in particolare durante la formazione dell’autofagosoma. Un certo numero di vie cellulari non specifiche sono anche critiche per l’autofagia, comprese varie vie secretorie ed endocitiche (fagocitazione). Inoltre, il citoscheletro sembra svolgere molteplici funzioni nell’autofagia, tra cui il ruolo chiave dei microtubuli nel facilitare il trasporto dell’autofagosoma nelle cellule dei mammiferi.

Oltre alle sue funzioni di mantenimento e di risposta allo stress, l’autofagia contribuisce anche all’immunità, aiutando a difendere le cellule dagli organismi che causano malattie e partecipando alla presentazione degli antigeni. L’autofagia è anche coinvolta nella morte cellulare programmata, aiutando ad eliminare le cellule apoptotiche durante lo sviluppo embrionale e favorendo i processi di morte nelle cellule con deficit di apoptosi. L’autofagia può anche proteggere dalla morte cellulare fornendo nutrimento alle cellule durante i periodi di fame. Nel cancro, l’autofagia sembra prevenire e, in certe condizioni, promuovere la progressione del tumore. L’accumulo anormale di vescicole autofagiche è associato a molteplici condizioni neurodegenerative, tra cui il morbo di Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica, così come alla miopatia (una malattia del tessuto muscolare scheletrico).

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