Secondo William Harmon, la frase periodica è usata “per suscitare interesse e curiosità, per tenere un’idea in sospeso prima della sua rivelazione finale.” Nelle parole di William Minto, “l’effetto … è quello di mantenere la mente in uno stato di tensione uniforme o crescente fino al dénouement.”

Nel suo Handbook to Literature, Harmon offre un primo esempio nella letteratura americana che si trova in “Snowflakes” di Longfellow:

Dal seno dell’Aria, dalle pieghe delle nuvole della sua veste scossa, sopra i boschi bruni e spogli, sopra i campi di raccolto abbandonati, silenziosa e morbida, e lenta, scende la neve.

Partendo da una successione di frasi avverbiali parallele (“Dal seno”, “Dalle pieghe delle nuvole”, “Sopra i boschi”, “Sopra i campi coltivati”), ciascuna seguita da una modifica parallela (“dell’aria”, “della sua veste scossa”, “bruna e spoglia”, “abbandonata”), la frase è lasciata grammaticalmente incompleta fino al gruppo soggetto/verbo “Scende la neve”. Altri esempi americani citati sono le righe di apertura di “A Forest Hymn” di William Cullen Bryant e le righe 9-16 del suo “Thanatopsis”. Un esempio particolarmente lungo è la strofa iniziale (righe 1-22) di “Out of the Cradle Endlessly Rocking” di Walt Whitman.”

Una “frase periodica ormai famosa” si trova nel racconto “Il cappotto” di Nikolai Gogol:

Anche in quelle ore in cui il grigio cielo di Pietroburgo è completamente coperto e l’intera popolazione di impiegati ha cenato e mangiato a sazietà, ognuno come meglio può, secondo lo stipendio che riceve e i suoi gusti personali; quando tutti si stanno riposando dopo il grattare delle penne e il trambusto dell’ufficio, il proprio necessario lavoro e quello degli altri, e tutti i compiti che un uomo troppo zelante si pone volontariamente anche oltre il necessario; quando gli impiegati si affrettano a dedicare ciò che resta del loro tempo al piacere; alcuni più intraprendenti volano a teatro, altri in strada per passare il loro tempo libero a fissare i cappelli delle donne, alcuni per passare la serata a fare complimenti a qualche bella ragazza, la stella di un piccolo circolo ufficiale, mentre alcuni – e questo è il più frequente di tutti – vanno semplicemente nell’appartamento di un collega impiegato al terzo o quarto piano, due piccole stanze con una sala o una cucina, con qualche pretesa di stile, con una lampada o qualche articolo simile che è costato molti sacrifici di cene ed escursioni, nel momento in cui tutti gli impiegati sono sparsi negli appartamenti dei loro amici, giocando una tempestosa partita a whist, sorseggiando tè da bicchieri, mangiando biscotti a buon mercato, aspirando il fumo da lunghe pipe, raccontando, mentre le carte vengono distribuite, qualche scandalo che è volato giù dai circoli superiori, un piacere che il russo non si nega mai in nessun modo, o, quando non c’è niente di meglio di cui parlare, ripetendo l’eterno aneddoto del comandante a cui fu detto che era stata tagliata la coda al cavallo sul monumento di Falconet – insomma, anche quando tutti cercavano ardentemente di divertirsi, Akaky Akakievich non si concedeva alcun divertimento.

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