Circa 60 anni fa, due ricercatori, Joe Hin Tjio e Albert Levan, scoprirono che il numero di cromosomi (cariotipo) negli esseri umani era di 46 cromosomi, cioè 23 coppie e non 48 come si pensava in precedenza (1). La chiave di questa scoperta fu l’introduzione di una serie di miglioramenti nelle tecniche di coltura applicate ai fibroblasti umani, soprattutto per quanto riguarda il trattamento con la colchicina, che interrompe la divisione cellulare in una fase appropriata per l’osservazione dei cromosomi. Questa è conosciuta come metafase, durante la quale i cromosomi si contraggono in modo da poter essere correttamente visti attraverso un microscopio. È interessante notare che questi stessi miglioramenti sono stati utilizzati negli anni successivi per determinare che i nostri antenati più vicini (le grandi scimmie, come scimpanzé, bonobo, gorilla o oranghi) possedevano 48 cromosomi. Come e quando è avvenuto questo cambiamento nel numero di cromosomi? E soprattutto, che ruolo ha avuto questa differenza nell’origine della nostra specie? Le ultime scoperte nelle tecniche di analisi genetica stanno facendo grandi progressi per risolvere queste due domande.
Fusione cromosomica: il motivo della differenza
All’inizio degli anni ’60, le tecniche citogenetiche non erano ancora preparate per studi comparativi dei cromosomi in generale e nei primati, nello specifico. Le tecniche che furono affinate in seguito per ottenere modelli di bande colorate e interbande nei cromosomi rivelarono che il nostro secondo cromosoma più grande è il risultato di una fusione di due cromosomi appartenenti ai nostri antenati evolutivi più vicini.
Tuttavia, solo dopo gli anni ’70 sono arrivate le tecniche molecolari che permettono l’analisi diretta del DNA sui cromosomi, prima delle quali non era possibile una caratterizzazione approfondita del riarrangiamento cromosomico che ci distingue dalle grandi scimmie. Così, si vide che più o meno al centro del nostro cromosoma 2 c’erano sequenze di DNA telomerico e subtelomerico (normalmente presenti solo ad una estremità dei cromosomi, ma non in zone interne) (2). Questo rendeva chiaro che la fusione dei due cromosomi era stata completa, cioè da un’estremità all’altra. Oggi, la disponibilità del genoma umano e del genoma delle grandi scimmie ha rivelato come il contenuto genetico del nostro cromosoma 2 corrisponde alla somma dei due cromosomi dei nostri antenati scimmie.
Tuttavia, si è anche scoperto che l’area di fusione che ha dato origine al nostro cromosoma 2 manca di alcune regioni e sequenze che corrispondono ad aree subtelomeriche presenti nei due cromosomi fusi nella nostra specie. In altre parole, la fusione deve aver comportato la perdita e il riarrangiamento di parte del materiale genetico dei due cromosomi originariamente separati negli antenati che abbiamo in comune con le grandi scimmie.
Denisovani, Neanderthal e grandi scimmie: quando ci siamo separati?
Le analisi in corso sui genomi di specie estinte direttamente imparentate con noi, come i Denisovani e i Neanderthal, rivelano che queste specie presentavano già la fusione cromosomica che ha dato origine al lungo cromosoma 2 caratteristico dell’uomo (3). Pertanto, questo riarrangiamento dei cromosomi risale molto indietro nel tempo: stime con vari metodi lo datano da 0,75 a 4,5 milioni di anni fa.
Il fatto che i Denisovani e i Neanderthal avessero il nostro stesso numero di cromosomi può spiegare perché i discendenti di incroci interspecie con la nostra specie fossero vitali e possibilmente fertili. Questo spiegherebbe anche perché tracce delle loro caratteristiche genetiche rimangono nel nostro genoma, come mostrato dall’analisi genomica comparativa delle tre specie. Tuttavia, gli ipotetici discendenti dell’incrocio tra le tre specie di ominidi menzionate (46 cromosomi) e i loro antenati delle grandi scimmie (48 cromosomi) avrebbero avuto problemi di incompatibilità cromosomica e probabilmente non sarebbero stati vitali. Infatti, nessuna traccia di caratteristiche genetiche specifiche delle grandi scimmie è stata trovata nel nostro genoma. Pertanto, la fusione cromosomica può aver agito come un efficiente meccanismo di isolamento riproduttivo che ci ha isolati dagli antenati delle grandi scimmie.
Infine, c’è la possibilità che la fusione cromosomica che ha dato origine al nostro cromosoma 2 possa essere stata associata alla comparsa delle nostre caratteristiche distintive. Così, diversi geni del nostro cromosoma 2 che si trovano vicino alla zona di fusione cromosomica sono espressi più intensamente nella nostra specie che in quella delle grandi scimmie. Questi geni sono espressi soprattutto in tessuti e organi molto significativi, come il cervello e le gonadi (4). In secondo luogo, la perdita di alcune sequenze di DNA, avvenuta in seguito alla fusione, potrebbe aver avuto effetti “positivi” sui nostri antenati.
Per chiarire finalmente cosa è avvenuto nel riarrangiamento cromosomico così caratteristico della nostra specie, nei prossimi anni si dovrà cercare di ottenere il DNA di specie estinte più antiche dell’Homo Erectus o dell’Homo Heidelbergensis, determinando così se la fusione è associata a tutti i lignaggi “umani”; oppure effettuare un’analisi comparativa approfondita dell’area di fusione del nostro cromosoma 2 e delle aree subtelomeriche dei due grandi cromosomi di scimmia coinvolti nella fusione, cosa non ancora possibile.
Manuel Ruiz Rejón
Università di Granada, Università Autonoma di Madrid
- J. Tjio e A. Levan. 1956. Il numero di cromosomi dell’uomo. Hereditas, 42( 1-2): 1-6.
- W. Ijdo et al.1991. Origine del cromosoma umano 2: un fusión telomero-telomero ancestrale. PNAS, 88: 9051-9056.
- Meyer et al. 2012 Una sequenza di genoma ad alta copertura da un individuo arcaico Denisovan. Scienza, 338:222-226.; K. H. Miga. 2016. Chromosome-specific Centromere sequenze forniscono un estímate dell’evento Ancestral Chromosome 2 Fusion in Hominin Genome.Journ. of Heredity. 1-8. Doi:10.1093/jhered/esw039.
- GTEx Portal, http://www.gtexportal.org/home.